Erik Comas, eclettico pilota francese dalla lunga carriera, inizia a correre negli anni Ottanta vincendo tutte le Formule propedeutiche, approda in Formula 1 e poi vola in Giappone dove corre con le GT. Conclude la carriera da professionista per tornare ai primi amori: i rally e la Lancia Stratos.
La passione per la leggendaria Lancia Stratos ha coinvolto e continua a coinvolgere appassionati di tutto il mondo. E tra questi troviamo anche piloti professionisti come Erik Comas, che abbiamo il piacere di intervistare proprio in occasione della sessione di certificazione della sua vettura da competizione presso le Officine Classiche di FCA Heritage.
Non è sempre scontato che la passione automobilistica per le vetture italiane riesca a superare le Alpi ed approdare in Francia, ma quando si parla di Lancia Stratos non esistono confini. Lo conferma Erik che nel suo racconto ci riporta al gennaio del 1979 quando, ancora minorenne, assistette al Rally di Monte Carlo e incontrò il suo grande amore per la prima volta.
«Da buon francese non potevo che tifare per Bernard Darniche che correva a bordo di un'auto meravigliosa con la livrea azzurra. Era la Lancia Stratos, quell'imbattibile macchina da guerra ("bête à gagner" la chiamavano proprio i francesi) della scuderia dell’ importatore Lancia francese André Chardonnet, preparata in Italia dal mago biellese Claudio Maglioli.»
Darniche domina le nevi del “Monte” relegando al terzo posto la Fiat 131 Abarth di Alen, divenuta anni prima vettura ufficiale della Squadra Corse del gruppo Fiat proprio a scapito della Stratos, e ammirando la prestazione del suo compatriota Erik Comas capisce che ciò che vuole veramente fare nella vita è guidare e vincere.
Compiuti i 18 anni debutta con i kart. Erik ha stoffa e il primo successo non tarda ad arrivare. «Il 3 novembre 1984, una delle date cardine della mia vita, vinco il “Volant Elf”, concorso conclusivo di un corso di guida per piloti a cui parteciparono trecento candidati. Con la vittoria arriva il budget della Elf per correre una stagione in Formula Renault, il vero trampolino di lancio nella mia carriera.»
Vincere gli riesce bene e spesso. I successi in Formula Renault, Formula 3 e Formula 3000 gli spalancano le porte verso l'approdo in Formula 1. Nella classe regina corre per quattro anni, ma c'è un’altra data che segna la vita più della carriera di Comas. Si tratta del 1° maggio 1994: il Gran Premio di Imola, l'ultimo di Ayrton Senna. Erik Comas decide di concludere la stagione, ma in cuor suo sa già che intende terminare la sua avventura in Formula 1.
Si trasferisce in Giappone, dove corre con Nissan per dieci stagioni il Campionato GT vincendo due anni di seguito, nel '98 e nel ’99. Conclusa la carriera da professionista, torna a casa e decide di dedicarsi a coltivare il sogno che nutriva dall'adolescenza: fare il pilota di rally con le macchine che sognava da ragazzo, su tutte la Stratos.
Per Erik il 50% del piacere della guida è nella precisione dell’uso del cambio. Sincronizzare la sequenza punta-tacco quando si deve scalare e frenare contemporaneamente è la vera arte del guidare.
«Non esiste al mondo uno sport in cui “i fondamentali” sono cambiati così tanto.»
Curriculum alla mano, chi meglio di Erik Comas può confrontare le vetture sportive del passato con quelle moderne? Un tema molto vicino al pilota francese che non manca di sottolinearne gli aspetti tecnici e il divario che c’è tra le auto che corrono e quelle che correvano.
«Io ho imparato una disciplina che si praticava con tre pedali, una leva del cambio e un volante. Oggi il cambio delle marce è quasi automatico, ed è sparito il pedale della frizione, di conseguenza non c’è più bisogno di fare il tacco-punta. È venuto meno il merito del pilota nell'eseguire la sequenza perfettamente, scalando le marce e frenando contemporaneamente.»
Una coordinazione difficilissima da sviluppare, con una mano sul volante e una sul cambio, un piede sul pedale della frizione e l’altro metà sul freno e metà sull’acceleratore. «Servivano destrezza ed esperienza prima di poterla padroneggiare perfettamente, per questo prima di arrivare al top dei rally o in Formula 1 era necessario correre per diverse stagioni in Formula Ford, Formula Renault, Formula 3, Formula 2 o Formula 3000».
La Stratos piaceva e piace ancora ai piloti perché non è una vettura facile da guidare, occorre essere piloti veri, ma piaceva e piace forse ancor di più ai meccanici per la facilità con cui si lavora con lei. Infatti, pur essendo nata come vettura da rally, la Stratos si è rivelata una vettura ottima anche in pista grazie alla possibilità di cambiare rapportatura in soli 12 minuti, così da poter avere il cambio corto per le prove speciali da rally e il cambio lungo per le prove in circuito. Difatti, nel 1973 la Lancia Stratos ottenne la vittoria al Tour Auto in Francia - successo ripetuto dallo stesso Erik Comas esattamente quarant'anni dopo - e nel 1974 vinse il Campionato del Mondo Rally. Un successo indimenticabile che ancora oggi riecheggia.
«Per rendere omaggio a quella vittoria, alla vettura e alla gente che ha partecipato a quel fantastico progetto ho voluto creare il sito internet LanciaStratos.com. Sono riuscito a convincere un’azienda svizzera che che produce orologi, creando così un legame tra la Stratos e la meccanica di precisione, a sponsorizzarmi per un programma triennale sportivo con la mia Lancia Stratos. Non solo ho partecipato e vinto prima il Campionato Italiano Rally per auto storiche del 2015 e poi il Campionato Europeo, ma con il loro supporto ho potuto organizzare il World Stratos Meeting in Italia, nella città più significativamente legata a questa vettura straordinaria: Biella. La cittadina in cui Claudio Maglioli ha sviluppato le Lancia Stratos che hanno ottenuto vittorie sulle strade di tutto il mondo.»
Il grande amore di Erik Comas per il mondo delle vetture classiche lo porta a riflettere con una punta di amarezza su una realtà sempre più frequente nelle competizioni storiche. Molte vetture partecipanti non sono originali, ma ricostruite. È un "altro mondo" caratterizzato da automobili troppo lontane da quelle originali come invece è la sua Stratos, preparata all’epoca proprio da Maglioli. Per questo motivo è forte sostenitore del dipartimento FCA Heritage. «Credo che sia importantissimo per un collezionista poter contare sulla certificazione di autenticità rilasciata dalla Casa costruttrice, per questo ho deciso di impegnarmi a conservare al meglio la mia Stratos dopo averla portata ai massimi livelli agonistici. Mi limiterò a partecipare a raduni e rievocazioni. Invito tanti collezionisti a farlo in modo da creare un netto distinguo tra il mondo delle vetture autentiche e “l’altro”, fattore che anche la FIA dovrebbe tenere in considerazione nelle classifiche.»