L’Alfa Romeo vince il primo Campionato del Mondo per vetture Grand Prix nel 1925 e i primi due di Formula 1 nel 1950 e 1951. Si ritira imbattuta per rientrare come motorista a metà anni '70 con la Brabham e poi con una vettura totalmente Alfa. Ora il Biscione torna sul cofano di una F1 con l'Alfa Romeo Sauber F1 Team.
L’Alfa nasce nel 1910 e subito comprende quanto le corse abbiano una ripercussione positiva sul pubblico e sulle vendite: la prima Gran Prix è del 1914. Negli anni ‘20 viene indetto il primo Campionato del Mondo per vetture Grand Prix, antesignano della F1, e Nicola Romeo, che nel frattempo ha preso il controllo dell’azienda dandole anche il proprio cognome, chiede a Vittorio Jano di progettare una vettura capace di “fare bella figura”.
La GP Tipo P2, innovativa, affidabile e velocissima, nel 1925 conquista, imbattuta, il primo titolo mondiale, quell’alloro che viene inserito intorno al marchio Alfa Romeo. Antonio Ascari, Giuseppe Campari e Gastone Brilli Peri sono gli alfieri del trionfo.
Prima dell'inizio della seconda Guerra Mondiale, l'Alfa Romeo progetta le “Alfetta” Tipo 158. Queste vetture non hanno l'opportunità di gareggiare a causa del conflitto bellico. Ma nel 1950 viene inaugurato il nuovo Campionato del Mondo di Formula 1, e la Tipo 158 non ha rivali: sono undici vittorie su undici gare con Giuseppe “Nino” Farina che si aggiudica il titolo, seguito l’anno successivo da Juan Manuel Fangio sulla Tipo 159. L’Alfa Romeo conquista così i primi due Campionati del Mondo di Formula 1, ma sente la necessità di dover concentrare gli sforzi sul rilancio della produzione e decide di ritirarsi imbattuta dalle corse.
L’egemonia delle Giulia GTA nella categoria Turismo e i dieci anni di dominio delle Tipo 33 nelle Sport spingono l’Alfa Romeo a tornare in Formula 1, proprio adattando il boxer 12 cilindri 3 litri della 33 TT 12 - vincitrice del Campionato Mondiale Marche - alla Brabham BT45.
Mentre prosegue la fornitura alla Brabham, guidate da Carlos Pace, John Watson e in seguito Niki Lauda, nasce il progetto 177, monoposto interamente Alfa Romeo. Sono gli anni del dominio delle vetture a effetto suolo che trasformando le pance laterali in ali rovesciate creano quella deportanza che consente di aumentare la velocità di percorrenza delle curve. L'architettura boxer del motore non si adatta a queste nuove necessità aerodinamiche perché riduce la larghezza delle pance. L’Alfa progetta così un nuovo V12 di 60° per la Brabham e contemporaneamente realizza una nuova vettura con il proprio marchio, l'Alfa Romeo 179, che esordisce a Monza nel giorno del mondiale di Scheckter. Bruno Giacomelli esce di pista alla variante Ascari mentre sta per raggiungere e superare Lauda con la Brabham-Alfa, mentre Vittorio Brambilla, a un anno dal tremendo incidente del 1978, porta per l’ultima volta al traguardo la vecchia Alfa Romeo 177.
Sulle Alfa Romeo da F1 si susseguono diversi piloti oltre a Giacomelli e Brambilla: lo sfortunato Patrick Depallier, il giovane Andrea De Cesaris e il campione del mondo italo-americano “piedone” Mario Andretti. I risultati più promettenti arrivano nella stagione 1980: l’Alfa Romeo si dimostra sempre più veloce, tanto da consentire a Giacomelli di conquistare la pole position a Watkins Glen. La sua 179 conduce la gara con largo margine e solo all’ultimo viene tradito dalla fusione della bobina, che gli strappa una vittoria ormai certa.
Ma quando l’Alfa si appresta a raccogliere i meritati frutti, con il nuovo regolamento tecnico che bandisce le appendici aerodinamiche mobili le sue monoposto perdono di competitività: nella stagione 1981 Il miglior risultato è un terzo posto di Giacomelli a Las Vegas. A nulla vale anche l’ingaggio del “mago” Gérard Ducarouge che, in vista della Tipo 182, sperimenta sulla “vecchia” 179 diverse soluzioni, fra cui il telaio in fibra di carbonio. Il ritorno del Biscione sul cofano delle Sauber potrebbe essere solo l’inizio di un nuovo corso, chissà mai che non diventi un nuovo portafortuna, proprio come il Quadrifoglio.